La Night Eating Syndrome (NES) è una sindrome individuata nel 1955 da Albert Stukard, psichiatra dell’Università di Philadelphia.
Il professor Fausto Manara, direttore del Centro pilota per lo studio dei disturbi alimentare dell’Università di Brescia, afferma che:
«è tipico dei mangiatori notturni lo scarso appetito di giorno e la gran fame di notte, che li porta a mangiare molto a cena e ad aggiungere tante calorie durante i risvegli, spinti a calmare soprattutto con i dolci l’ansia e la depressione» spiega.
Negli USA, le persone affette dalla sindrome dei mangiatori notturni ha colpito l’1% dell’intera popolazione ed ¼ degli individui obesi. In Italia non è ancora stata stimata una cifra esatta. Tale disturbo sembra essere legato allo stress. Il soggetto soffre di anoressia mattutina, iperfagia serale ed insonnia: scarso appetito durante il giorno e molta fame di notte. La causa è un’inversione del normale ritmo ormonale fra notte e giorno, un crollo dell’umore durante i risvegli e, di conseguenza, un diretto rapporto tra depressione, fame e risvegli notturni.
Lo stesso Stunkard, insieme ad alcuni ricercatori di Philadelphia e dell’Università di Tromso (Norvegia), in un articolo del 1999 pubblicato sul Journal of American Medical Association, ha chiarito il meccanismo ormonale all’origine di questi disturbo alimentare. Dopo aver analizzato il comportamento di un gruppo di pazienti, chiedendo loro di annotare quotidianamente su un diario le proprie auto-valutazioni (su scale 1 a 10), ha riscontrato un generale crollo dell’umore durante i risvegli notturni: essi, associati a fame e stati depressivi, sono il risultato di un’inversione del normale ritmo ormonale tra giorno e notte, ovvero tra la melatonina (che influisce sul sonno) e la leptina (che determina l’appetito).
In questi casi, prima di risolvere il problema soprappeso, è meglio operare a livello psicologico e psichichiatrico. La terapia più efficace sembra essere di tipo cognitivo-comportamentale, finalizzata a controllare l’assunzione di cibo fino a cambiare le abitudini alimentari del soggetto. Anche le terapie di gruppo danno ottimi risultati, poiché l’interazione tra malati riduce il loro senso di solitudine. E’ comunque indispensabile anche un adeguato intervento farmacologico. Infine, occorrerà preoccuparsi della forma fisica, ricorrendo a dietologi qualificati.
Recentemente un gruppo di psichiatri della “Shimane Medical University” di Izumo (Giappone) ha reso pubblica la remissione di 4 pazienti affetti da NES, in seguito ad una cura di 2-3 settimane a base di paroxetina antidepressivo appartenente ai farmaci antidepressivi definiti “inibitori selettivi della serotonina-ricaptazione". Tali medicinali risultano particolarmente efficaci sul sonno e l’appetito specialmente nei primi mesi di terapia, mentre l’effetto tende a diminuire con il tempo.
Come sottolinea il professor Manara, infatti:
“in questi casi il farmaco aiuta, anche se la vera cura è nella psicoterapia cognitivo-comportamentale, basata sulle cognizioni con cui il paziente percepisce la realtà e sulle correzioni da apportare quando la percezione è distorta. Si tratta di un lavoro psicoterapeutico da eseguire in ambulatorio di solito in sei mesi, purché in centri specializzati per i disturbi del comportamento alimentare».